Il Dormitorio Gozzi | Piazza Grande
5156
post-template-default,single,single-post,postid-5156,single-format-standard,everest-forms-no-js,ajax_fade,page_not_loaded,,qode-theme-ver-7.7,wpb-js-composer js-comp-ver-4.7.4,vc_responsive

24 Dic Il Dormitorio Gozzi

10170711_10152555049295922_5480232704353307500_nQuello che vorremmo raccontarvi oggi, la vigilia di natale, è la storia del primo tentativo di chiudere un dormitorio in Italia. E’ una storia lontana, che inizia oltre trent’anni fa quando i collaboratori di un medico che non era ancora diventato così famoso, Franco Basaglia, iniziano a lavorare sul dormitorio triestino “Gaspare Gozzi”.

 Fin dall’inizio era chiaro all’equipe di Basaglia che si stava occupando della chiusura di questo dormitorio che il problema del dormitorio non era un problema di assenza di case. Non c’era nessuna giustificazione strutturale alla permanenza di un dormitorio, fonte oltretutto di specifiche e gravissime distruzioni umane, in una città in cui la popolazione diminuiva e, almeno sulla carta, vi era “sovrabbondanza” di case.”

 Quelle equipe comprese rapidamente che, al di là delle cause originarie del ricovero in dormitorio di un alloggiato, la causa della sua sedimentazione era da ricercarsi principalmente nelle difficoltà, una volta persa la propria casa, di ritrovarne un’altra a condizioni eque e sostenibili. La perdita della casa originaria, non sempre dovuta a cause primariamente economiche, una volta avvenuta sprofonda comunque, con un netto stacco, la persona nel circuito dell’istituzione totale sradicandola completamente da qualsiasi altro circuito sociale in cui sia precedentemente inserita.

capo di luccaPer le persone costrette a vivere nel dormitorio, il mondo esterno diveniva in breve irraggiungibile anche dal desiderio del nuovo alloggiato. A mano a mano che l’alloggiato si abitua a vivere in questa nuova condizione cambia la struttura dei suoi bisogni, la situazione precedente svanisce e il passato divien sempre più labile e indefinito.

 La soluzione che l’equipe di Basaglia individuò trent’anni prima dell’Housing First era quella di “individuare l’obiettivo della casa privata di abitazione nel territorio come fondamentale ha significato pertanto unire praticamente, in un unico canovaccio, l’azione aggressiva verso la cultura de la struttura dell’istituzione totale e l’azione pur essa aggressiva verso la cultura e l’”economia” emarginate del mondo esterno”.

 Attraverso quei metodi che Basaglia stava sperimentando direttamente sui manicomi, l’equipe del Gaspare Gozzi riuscì ad accompagnare “nella comunità” la maggior parte degli ospiti del dormitorio.

 housing firstQuesta storia si è però perso nel corso degli anni. Quei temi sull’istituzione del dormitorio, sulla casa e sulla comunità sono andati smarriti. Il sistema di accoglienza per gli adulti in Italia, e a Bologna, si è sviluppato esattamente nella direzione opposta. Abbiamo continuato e continuiamo a “ghettizzare” le persone dentro le istituzioni delle persone senza dimora (mense, centri diurni e dormitori).

 Questo sistema non solo non aiuta le persone ma costa moltissimo. E’ grazie a questo grimaldello (il tema dei costi) che il modello Housing First si sta diffondendo ovunque. Anche Piazza Grande con il progetto Tutti A Casa sta cercando di adattare questo modello in Italia.

Purtroppo siamo arrivati in ritardo.

Condividi su:
19 Comments

Post A Comment