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03 Gen Gli operatori di Aria prendono posizione sullo stravolgimento dello Sprar

“Più costi meno sicurezza”

Gli operatori di Aria prendono posizione sullo stravolgimento dello Sprar

Dal numero di Dicembre 2018 di Piazza Grande
di Bianca Arnold e Andrea Giagnorio

“Non è una legge che mira a regolare la presenza dei migranti sul territorio” afferma Erica Foy, collaboratrice di Aria Piazza Grande, progetto di seconda accoglienza per richiedenti asilo all’interno del Consorzio L’Arcolaio. Il punto centrale di questa legge è il ritorno al sistema Cas (Centro di Accoglienza Straordinaria) e il ridimensionamento dello Sprar (Servizio Centrale del Sistema di Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati), che sarà limitato solo a chi è già titolare di protezione internazionale e a minori non accompagnati. Un Cas è un servizio di prima emergenza volto a fornire meramente vitto e alloggio.

L’eliminazione dello Sprar solo a Bologna costerà 4 milioni
in più da spendere in fenomeni di marginalizzazione sociale.

L’irregolarità, oltre ad avere un costo maggiore rispetto all’integrazione, crea insicurezza e illegalità diffuse

“Il sistema Sprar – continua Foy – mira invece a un’integrazione degli ospiti nella società ospite a tutto tondo, dandogli strumenti per inserirsi nel territorio dal punto di vista legale, sociale e lavorativo”. “Tutto ciò ha un costo alto per lo Stato, ma funziona – afferma Filippo Nuzzi – l’eliminazione dello Sprar solo a Bologna costerà 4 milioni in più da spendere in fenomeni di marginalizzazione sociale. L’irregolarità, oltre ad avere un costo maggiore rispetto all’integrazione, crea insicurezza e illegalità diffuse”. Inoltre il richiedente asilo, confinato in un Cas in attesa di risposta, sempre in base alle recenti modifiche di legge, non potrà accedere alla residenza, e verrà quindi escluso anche dalla fruizione di servizi di base fondamentali.

A ciò si aggiunge la stretta sulle richieste di asilo. Viene infatti abolita la protezione umanitaria che veniva concessa per motivi quali protezione sociale o integrazione già avviata. È un tipo di protezione a cui spesso si ricorre perché oggi quasi non esistono altre forme di ingresso legale in Italia. “Abolire questa protezione significa togliere la possibilità di integrare persone che costituiscono una ricchezza sociale e lavorativa” conclude Nuzzi.

Contro il diniego di asilo è possibile fare ricorso in Tribunale, e in caso di esito negativo, è previsto il rimpatrio. I costi sociali che sono prodotti da un diniego insieme a quelli del rimpatrio – spesso impraticabile a causa dei mancati accordi bilaterali tra Italia e Paese d’origine del migrante – sono maggiori di quelli dell’accoglienza. Ricevuto il diniego verrà consegnato un “foglio di via” che intima di allontanarsi dall’Italia, ma è difficile che tale persona abbia intenzione di prendere un barcone che da Lampedusa la riporti in Libia, compiendo il “viaggio della speranza” al contrario.

Crescerà così a dismisura la massa di irregolari, persone che finirebbero per essere esposte al lavoro nero, alla marginalità sociale, alla criminalità.

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