
10 Mag L’essenziale è invisibile agli occhi. L’Istituto Cavazza tra storia e formazione
di Sofia Ferra e Beatrice Paglione
L’Istituto Cavazza è un pilastro, a Bologna e in Italia, per l’integrazione, la formazione e la riabilitazione delle persone non vedenti e ipovedenti. Il nostro giornale ha avuto il piacere di visitare la luminosa e curata struttura, che occupa più di seimila metri quadrati del centro della città di Bologna, e di intervistare il vicepresidente Pier Michele Borra.
È proprio dalla centenaria storia dell’Istituto Cavazza che il vicepresidente Pier Michele Borra ha deciso di partire per parlarci del rapporto che intercorre tra la città e l’ente. “Proprio per il modo in cui è nato l’Istituto è sempre stato in strettissimo rapporto con la città, che tuttora collabora attraverso donazioni e attività di volontariato portate avanti da associazioni”. Ridendo ricorda anche che “l’Istituto è stato sede di riunione dei collettivi nel ‘68”.
Con l’entusiasmo e l’emozione di chi in questa sede si è formato – prima ancora di formare – il vicepresidente Borra ha ricordato che “l’Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza è nato nel 1881 per volontà di un gruppo di ventenni benestanti della città, con due obiettivi: togliere dalla mendicità le persone cieche, quindi insegnare loro un mestiere remunerativo così che potessero avere un ruolo attivo nella società e avviare un processo di istruzione e formazione”. Sebbene gli obiettivi siano rimasti gli stessi, sono cambiati molti aspetti dell’organizzazione e della metodologia dell’Istituto. “Oggi la struttura comprende alloggi che ospitano ragazzi e ragazze provenienti da tutta Italia, che svolgono stage o corsi di formazione e che condividono la loro quotidianità tra risate e voglia di progettare” racconta Pier Michele Borra.
Ma all’interno dell’Istituto non si trovano solo la residenza, aule che somigliano ad atelier – piene di materiali di ogni tipo – e laboratori. La struttura custodisce anche due musei, il Museo Anteros e il Museo Tolomeo, di cui il vicepresidente prima e il presidente Elio De Leo poi parlano orgogliosi ed entusiasti. “Siamo agli inizi degli anni ‘90 quando nasce la scommessa del Museo Anteros”. L’idea? La possibilità di fare esperienza della pittura per le persone con disabilità visive. Come si rende fruibile l’arte a chi non può vederla? Attraverso il tatto: “Grazie a questi bassorilievi prospettici è stato possibile riprodurre i più importanti dipinti del nostro tempo, e non solo”. Attorno a questo, è nato anche un metodo di formazione specifica, che potesse insegnare a toccare le opere per comprenderne a pieno i significati artistici, aprendo le porte ad una cultura realmente accessibile a tutte. “Qui, sicuramente, non troverete cartelli con su scritto: non toccare”.
Come si costruisce le immagini una persona cieca? Il vicepresidente afferma: “Dobbiamo potenziare al massimo i sensi che ci restano, perché la vista non c’è. Percepire tutto, ascoltare come risuona lo spazio quando cammini, i passi, il battito. Tutto ci aiuta a costruire la distanza”. Ed ecco il senso di tutte le attività: costruire le immagini che formano la creatività. Perché è una cosa che si costruisce e si suda, la creatività. In questo l’evoluzione tecnologica ha dato un contributo fondamentale, anche se inizialmente si presentò come un fattore ostile ed escludente per le persone cieche, proprio per l’impostazione visiva e grafica della rivoluzione informatica.
L’impegno nel mondo dell’informatica però non si limita a questo. Radio Oltre ha sancito un primo “sbarco” sul portale web. Nata dal bisogno di costruire uno strumento di informazione da mettere inizialmente in stampa (idea poi realizzata con il giornale “Vedere Oltre”), “si pensò a una web radio”, unica nel suo genere. Musica, arte e pure filosofia, Radio Oltre è presto diventata una porta sul mondo delle attività proposte dall’Istituto Cavazza, dimostrando ancora una volta la fedeltà alle sue parole d’ordine. Quali? “Andare oltre”.
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