La minaccia dell’itanglese: cosa fare quando le lingue dialogano | Piazza Grande
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Itanglese

05 Lug La minaccia dell’itanglese: cosa fare quando le lingue dialogano

Il pensiero della docente di linguistica Chiara Coluccia sull’uso di anglicismi e sulla proposta di legge presentata da Fratelli d’Italia.

di Camilla Consonni

Una lingua sotto assedio: dall’alto delle proprie mura osserva angosciata il progressivo accerchiamento del nemico, che sembra avvicinarsi alla vittoria di secondo in secondo, inesorabile e terribile. Rimarrà qualcosa delle sue torri, della sua storia, della sua bellezza?

Ciò che emerge dalla proposta di legge presentata il 23 dicembre 2022 alla Camera dei deputati è proprio la preoccupazione di un assedio, il rabbioso rifiuto di rassegnarsi a una guerra da cui geyimedicals.es si sa che non si potrebbe uscire vincitori: quella tra la lingua italiana e la contaminazione dei forestierismi, o meglio, degli anglicismi. Quello che è stato definito morbus anglicus è, per il deputato di Fratelli d’Italia Fabio Rampelli, un male mortale, un flagello giunto per spazzare via la lingua e, perciò, anche la cultura e le tradizioni del nostro paese, rimpiazzandole con importazioni provenienti dalle “tiranniche” potenze anglofone. Una vera e propria “sostituzione culturale”, insomma.

Il testo sottoposto all’attenzione della Camera recita che “in un’ottica di salvaguardia nazionale e di difesa identitaria diventa quanto mai prioritaria la conservazione della lingua italiana”. Esiste la possibilità di una simile minaccia, in ambito linguistico? Secondo la professoressa Chiara Coluccia, professoressa di linguistica italiana presso l’Università Alma Mater di Bologna, no: “Si dovrebbe prestare una maggiore attenzione alla storia linguistica perché i prestiti ci sono sempre stati e sono un fattore ineliminabile: Melchiorre Cesarotti, nel 1700, diceva che ‘nessuna lingua è pura’. Prima dell’avversione all’anglicismo, che oggi è così imperante, c’era stata una forte avversione rispetto al francesismo, proprio perché storicamente tra la fine del ‘700 e i primi del ‘900 il modello culturale dominante era quello francese. Ancora oggi i dati numerici ci dicono che il numero di francesismi presenti nella lingua è superiore rispetto a quello degli anglicismi”.

Da una questione linguistica, quindi, passiamo a giochi di potere: “La direzione del contatto linguistico dipende strettamente dal prestigio e questo altro non è che una ripercussione di altre tipologie di supremazia, che sono economiche, sociali e legate alla diffusione di modelli culturali. Oggi noi dobbiamo riflettere sulla proposizione di un modello dominante, che è quello inglese, o meglio, quello anglo-americano”.

Diamo, quindi, a Cesare quel che è di Cesare: esiste un problema legato al cosiddetto itanglese, ossia allo spesso eccessivo uso di forestierismi in italiano, ma si presenta unicamente quando essi, piuttosto che facilitare la comunicazione, diventano un ostacolo alla comprensione.

Ciò, secondo la professoressa, è particolarmente rilevante nell’ambito della Pubblica Amministrazione, vero destinatario della proposta di legge: “Io trovo che sia un atto politicamente scorretto, per esempio, dare nomi inglesi a ministeri o a leggi: quante vecchine sono in grado di capire esattamente di che cosa si occupa quello che, incoerentemente, è stato denominato Ministero del made in Italy? Usare un anglicismo laddove non viene compreso dalla totalità della popolazione è un atto profondamente antidemocratico e anti-inclusivo”.

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